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Non sono più gli anziani i più indigenti in Italia. Il rapporto 2016 della Caritas indica che la povertà assoluta aumenta con il diminuire dell’età. In maniera, quindi, inversamente proporzionale a quanto erano le rilevazioni di qualche anno fa. Non solo: dall’ultima analisi, emerge che - soprattutto al Sud - sono più gli italiani che gli stranieri a chiedere aiuto ai centri Caritas.

Al sud più poveri italiani che stranieri

Per la prima volta nel 2015, la Caritas ha registrato più connazionali nei centri di ascolto del Sud Italia che stranieri: nel Mezzogiorno gli italiani che si sono recati nei centri di ascolto sono il 66,6%, mentre la media nazionale di richiesta degli stranieri si attesta al 57,2%. L’età media di chi chiede aiuto è di 44 anni, divisi equamente tra donne e uomini e prevalentemente coniugati (il 47,8% contro il 26,9% dei celibi o nubili). I bisogni più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono perlopiù di ordine materiale: spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%), ma non sono trascurabili anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%).

Giovani più poveri degli anziani

Il rapporto 2016 rileva anche un altro trend in controtendenza rispetto a qualche anno fa: a essere penalizzati e ad avere una situazione di povertà diffusa sono i giovani in misura molto più rilevante che gli anziani. Non è più infatti la fascia di popolazione con l’età più alta ad essere indigente, ma i giovani adulti che risentono soprattutto degli effetti della crisi e della mancanza di occupazione.

I dati sui migranti

Ad essersi rivolti ai Centri di ascolto, nel corso del 2015, sono stati 7.770 profughi e richiedenti asilo. Si tratta per lo più di uomini (92,4%), con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da Stati africani e dell’Asia centro-meridionale: sono spesso analfabeti (26,0%) o di modesta scolarità (licenza elementare 16,5%, licenza di scuola media inferiore 22,8%). Hanno situazioni di grave povertà economica (61,2%), ma è alto anche il disagio abitativo, sperimentato da oltre la metà dei profughi intercettati (55,8%). Tra loro è proprio la «mancanza di casa» la necessità più comune; seguono le situazioni di precarietà o inadeguatezza abitativa e di sovraffollamento e i problemi di istruzione, che si traducono per lo più in problemi linguistici e di analfabetismo. Al 9 marzo 2016, le richieste di accoglienza attivate in 164 diocesi sono circa 20mila: circa 12mila persone accolte in strutture convenzionate con le Prefetture (con fondi del Ministero dell’Interno); quasi 4mila persone accolte in strutture Sprar (con fondi Ministero dell’Interno); oltre 3mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi diocesani); oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità di accoglienza (fondi privati o diocesani).