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Promuovere il contatto con la natura come percorso terapeutico, monitorando gli effetti della pandemia sulla psiche. Qualche mese fa è partita a Brescia una sperimentazione con queste finalità, basata sull’uso delle neuroscienze.

La diffusione del contagio da coronavirus ha danneggiato non solo le persone direttamente colpite dalla malattia, i loro familiari e l’economia mondiale, ma anche milioni di giovani e anziani che oggi fanno i conti con il disturbo post traumatico da stress. E in futuro il loro numero aumenterà.

In un contesto in cui la medicina territoriale e gli ospedali sono al limite della gestibilità, è bene che i privati, gli startupper, le associazioni impegnate nel sociale possano progettare delle soluzioni per sopperire alle inevitabili carenze del Sistema Sanitario Nazionale.

Basandosi sull’analisi delle esigenze del territorio in cui opera, l’azienda Thimus (ora attiva anche a San Francisco) ha partorito la sua idea, poi premiata da B-Heroes, un sistema di startup innovative che aveva lanciato una call in merito all’emergenza “Impatto del Covid sulla psicologia”.

Il progetto è in realtà il primo di una serie: ricerche ad alto impatto sociale, che mirano a ristabilire l’equilibrio tra l’uomo e la natura, a promuovere un miglior rapporto dell’uomo con l’ambiente che lo circonda. Una condizione indispensabile per il benessere psicologico individuale e comune. 

Il progetto dell’azienda Thimus mira a mappare il disagio psicologico (concentrando la ricerca sulla Lombardia, in questa prima fase di lavoro) e a usare la tecnologia per ritrovare il benessere, nella natura. L’approccio è innovativo: la misurazione di parametri neuro-cognitivi viene associata ad una serie di dati ambientali. Strumenti tecnologici e risorse della natura, insieme, per migliorare la qualità della vita dei singoli e delle comunità.

Forse a qualcuno può suonare stravagante come abbinamento. Le potenzialità della tecnologia sono in realtà già al servizio della natura, in progetti avviati da startup come quella bresciana e nei programmi di molti Stati. Gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 saranno più facilmente raggiungibili se si sapranno impiegare le risorse infinite che la tecnologia è in grado di offrire. 

Un planning che miri a mappare i bisogni e a proporre percorsi di incontro con la natura è senza dubbio un modello da replicare. Un progetto che in una città come Taranto potrebbe produrre ottimi risultati. Pensiamo al mare e alle tante attività (alcune già in fase di attuazione) che si possono fare a scopo terapeutico, al di là del Covid-19. 

LWB Project è un punto di riferimento importante per le startup nascenti, per chi ha deciso (giovani e meno giovani) di mettersi alla prova, proponendo progetti al servizio della comunità locale. Ce n’è tanto bisogno e le potenzialità, le risorse umane non mancano.