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Il Covid-19 ha investito il Paese e il mondo intero, causando un’emergenza sanitaria senza precedenti, i cui riflessi sono ovunque. Lunga la scia del dolore vissuto dalle famiglie colpite direttamente e indirettamente dalla malattia. Il virus ha fatto emergere anche, pur nella ferocia del suo impatto sulla vita di tutti, potenzialità finora nascoste. Nei vari ambiti lavorativi e tra chi si dedica al volontariato. 

C’è chi ha dovuto rapidamente ripensare la propria attività lavorativa. C’è anche chi l’ha persa, purtroppo. E chi va avanti, ma arranca, cosciente del fatto che prima o poi il “carburante” finirà.

Come società impegnata a supportare i progetti innovativi, LWB Project sta raccogliendo, da giorni, innumerevoli, talvolta disperate, segnalazioni da parte di startup in difficoltà. Giovani e meno giovani che avevano appena dato il via ad un’avventura, raccogliendo risorse economiche, coraggio e idee per aprire e aprirsi nuove strade; persone che sono state costrette a fermarsi. Come tante. 

A frustrare energie, a vederle via via depauperarsi, sotto la pressione di qualcosa di troppo grande da poter essere messo in conto come un imprevisto, tra gli imprevisti. Il Covid-19 non è un incidente di percorso dell’umanità, ma il risultato di scelte industriali, politiche, ambientali non all’altezza dei tempi, come illustri scienziati hanno fatto notare. Ieri sul settimanale americano Time, un interessante articolo sottolineava una realtà che spesso è stata volutamente ignorata: il Coronavirus è solo uno dei tanti che l’uomo ha incontrato sul suo cammino, negli ultimi decenni. E non sarà l’ultimo; occorrerà ripensare il sistema alimentare mondiale per prevenire un’altra eventuale epidemia. 

Occorre farlo subito, ripensare la mobilità nelle città, la scuola, e tutto il resto. E il metodo per farlo potranno forse indicarlo le startup, che operano lavorando sulle priorità, adottando e adattando soluzioni efficienti e veloci. Come Enrico Noseda (Chief Advisor di Cariplo Factory) ha sottolineato, le startup dispongono di risorse limitate e sono dunque abituate ad ottimizzare per raggiungere, nel minor tempo possibile, certi risultati. 

Il Covid-19 ha mostrato le potenzialità dello smart-working e della tecnologia finora percepita dai più come una tavoletta piatta e con una faccia luminosa che ci accompagna ovunque, ma in tasca. L’abbiamo in tasca la tecnologia, non dovremmo usarla solo per cacciare follower e scambiarci meme e gif. Ce l’abbiamo nel palmo della mano ma ne dobbiamo ancora imparare l’alfabeto, per parlare gli uni agli altri sul serio, scambiare e creare contenuti utili a tutti, interagire tra Stati diversi. Facile a dirsi, molto più complicato farlo.

Lo dimostra la crisi delle startup non direttamente coinvolte nella lotta al Covid-19. Non poche, queste ultime, visto che alla data del 26 marzo il Governo aveva raccolto oltre 800 progetti di app per la telemedicina e il tracciamento dei contagi da coronavirus.

E tutte le altre startup? Tutte le imprese dovrebbero ragionare come loro, per dirla con Noseda. Ma molti progetti sono al palo, pur avendo nel proprio DNA, la capacità di reazione immediata. L’urto è difficile da sostenere, per chiunque.

Per questo motivo, VC Hub Italia (associazione del Venture Capital italiano) ha lanciato, con oltre 70 startup italiane, un appello al Governo, perché il Paese sia pronto a preservare l’immenso patrimonio di idee e innovazione rappresentato dagli startupper.

Si può sostenere la petizione di VC Hub on line. Basta aprire il seguente link https://www.change.org/p/lettera-aperta-al-governo-italiano-per-sostenere-le-startup-e-pmi-innovative e firmare; la pagina contiene anche le misure proposte dagli estensori dell’appello. Misure urgenti per aiutare chi ha fatto uno sforzo straordinario, inventandosi il lavoro e inventandolo con e per una comunità di persone.

Senza l’innovazione e la tecnologia, non sarebbe possibile fronteggiare emergenze come il Covid-19, né sarebbe possibile ricostruire ciò che è andato in pezzi e costruire ex novo quello che è sempre mancato.