La connettività estesa a tutti gli oggetti. È in estrema sintesi il senso dell’acronimo IoT: Internet of things. Espressione che fu coniata per la prima volta nel secolo scorso, dal ricercatore britannico Kevin Ashton. Da allora, le tecnologie IoT sono “cresciute” parecchio, e oggi sono applicate ad una molteplicità di ambiti diversi: uno degli argomenti affrontati nel corso dell’evento BeAlternatives-TEDxTaranto, appena concluso.
A portarlo nelle aule dell’IISS Pacinotti-Fermi e negli spazi della Camera di Commercio, il 27 e 28 novembre scorsi, Alessandro Carucci. Ingegnere elettronico, sviluppatore di start-up, Carucci è CEO e fondatore di SmartTARGA. Un dispositivo che consente, come si legge sul sito (smarttarga.com), di risolvere efficacemente i problemi del “danno da parcheggio”, attraverso un corredo di sensori e videocamera in grado di individuare la responsabilità di chi provoca danni ad altri veicoli, in fase di parcheggio. Il proprietario del veicolo coinvolto nella collisione viene avvertito in tempo reale di quel che accade, tramite SMS, mail, notifiche push in app collegata.
L’intervento di Carucci è risultato interessante ed efficace, soprattutto per l’importanza del valore formativo che il fondatore della startup ha riconosciuto alla sua lunga (nonostante la giovane età), esperienza professionale.
Come hanno risposto i ragazzi al discorso sulle IoT, che nell’ambito del BeAlternatives sono state definite “dei Due Mari”?
Molto positivamente. Un evento come questo ha un valore fondamentale, per i ragazzi, soprattutto in un momento complicato come quello che la città vive. Se alla loro età avessi avuto un mentore, qualcuno che mi avesse guidato nelle scelte relative alla mia formazione, sarebbe stato meno faticoso raggiungere la “felicità professionale”. Prima di dare vita a SmartTARGA, ho lavorato come progettista e consulente presso diverse aziende; il passaggio al mondo imprenditoriale ha significato per me un radicale cambio di prospettiva. Il lavoro da dipendente ti forma; è un po' come una palestra. Quelle esperienze sono state molto utili in seguito, quando mi sono imbarcato in un altro tipo di avventura. Un know-how tecnico e capacità imprenditoriali non bastano, bisogna avere competenze trasversali e una spiccata propensione al rischio, per dirsi imprenditori. Lo spirito di sacrificio non può mancare.
Tu sei nato a Taranto, ma vivi a Bologna e viaggi per lavoro, sicuramente tanto. Cosa ti porti dietro delle tue origini?
Potrei rispondere con il termine “resilienza”. È una capacità che non mi manca, e non manca nemmeno a Taranto. Nonostante la sua storia così controversa, il suo presente così complicato, la città si rialza sempre. Se non avessi attinto alla mia natura di “spartano”, non ce l’avrei fatta.
Durante il tuo incontro con gli studenti, hai notato “smarrimento” nello sguardo di qualcuno? Pensi che comprendano fino in fondo la terminologia IoT? Espressioni come “acceleratore di startup”, come suonano, secondo te, alle loro orecchie?
A volte mi capita di parlare di fronte a platee che non sempre sono consapevoli della terminologia che uso. L’Italia del resto è un fanalino di coda nelle classifiche europee relative alla digitalizzazione dei processi. Siamo indietro per una serie di dinamiche: logistiche, amministrative, etc. Ma i ragazzi sono attratti dal gergo tecnologico, loro sono nati in piena rivoluzione tecnologica. Tutti hanno in tasca uno smartphone e farsi comprendere, al di là dei termini, diventa semplice.
A chi ti ha chiesto cosa siano le startup cosa hai risposto?
Si tratta di organizzazioni di impresa in cerca di modelli di business stabili e replicabili. Il nostro è un continuo lavoro di discovery. Ricerca del progetto giusto, ricerca della clientela che potrebbe allinearsi al tuo target, ricerca dei capitali per lo sviluppo delle idee, per il loro lancio. Ho cercato di far capire ai ragazzi che nulla si ottiene senza sacrifici, senza lavorare duramente. Bisogna porsi, ogni giorno, obiettivi sempre più ambiziosi e fare di tutto per realizzarli. Il talento non basta.
A proposito di ricerca, a che punto del percorso è SmartTARGA? E cosa differenzia il dispositivo da altre proposte simili?
SmartTARGA è incubata e pre-accelerata nell’ambito di due importantissimi percorsi italiani: Startup University e The start-up training Bocconi. Al momento siamo in una fase di pre-industrializzazione. Siamo in contatto con tre compagnie di autonoleggio, che hanno trovato l’app molto interessante. Il loro “sostegno” ci permette di avere riscontri, per rendere il prodotto sempre più in linea con le esigenze del mercato, dell’automobilista, delle compagnie assicurative. Entro la metà del 2020, un cliente investitore molto importante dovrebbe installare 150 dispositivi sulla sua flotta. SmartTARGA è utilizzabile anche sulle due ruote; al momento stiamo dialogando con diversi industriali e siamo alla ricerca di business angels. I capitali servono a trasformare un’impresa in embrione in una vera e propria azienda.
L’obiettivo finale qual è?
La fase conclusiva è quella dell’exit: la vendita delle quote dei fondatori della startup ad un’azienda e, dopo la liquidazione societaria, la ripresa dell’attività; ma su una nuova idea. Bisogna sempre reinventarsi, non fermarsi mai.